Libertà di credo e intolleranza religiosa nella società odierna

Mercoledì 27 aprile 2022 alle ore 19,30 si è tenuto l’incontro interreligioso del gruppo ‘Spirito di Assisi’ che fa parte del Centro studi francescani per il dialogo interreligioso e le culture. Tema dell’incontro: ‘Libertà di credo e intolleranza religiosa nella società odierna’.

Uno degli scopi più importanti che accomuna tutte le religioni e le tradizioni spirituali autentiche è unire tutti i popoli e tutti gli individui. In particolare, nella via del Buddha si persegue il superamento di ogni dualismo, della illusione cognitiva di separazione fra noi e gli altri che dà origine alle nostre emozioni conflittuali; si aspira al non attaccamento ai concetti, alle etichette, alle appartenenze di etnia, di religione, e così via.

Se, invece, le religioni diventano delle barriere che dividono gli individui, se nella reificazione delle nostre tradizioni, si irrigidisce in noi l’attaccamento, la fissazione alla religione, credo che ci sia un fallimento per noi praticanti principalmente, oltre che delle istituzioni.

Viviamo in un mondo in cui vi è una grande diversità e ricchezza di religioni e tradizioni spirituali. Il seguire una tradizione non deve diminuire il nostro senso di interconnessione con gli altri che non seguono il nostro stesso sentiero.

Circa 25 secoli fa, Buddha Shakyamuni diede 84000 insegnamenti, uno per ogni tipo di afflizione mentale, differenziandoli in base alle necessità di chi lo ascoltava e di chi intendeva seguirlo. Da questi insegnamenti discendono tanti lignaggi, tante scuole sviluppate per le diverse inclinazioni, per le diverse attitudini dei praticanti, ma fra di essi non vi è una relazione di superiorità dell’una verso le altre. Credo che questo modo di presentare e approcciare una via spirituale si possa generalizzare: vi è una ricchezza di religioni e le diverse tradizioni rispondono alle diverse necessità: ci sono praticanti che necessitano di una disciplina da seguire per non ledere a se stessi e agli altri, ci sono altri che aspirano allo sviluppo del buon cuore, altri ancora che riescono a percepire quanto c’è di buono in tutti.

Nel 2001, i talebani distrussero con la dinamite statue di Buddha risalenti al VI secolo, perché le consideravano idolatria. Erano chiamati i Buddha di Bamiyan. Il sito distrutto testimoniava l’era della massima espansione del buddhismo verso Occidente tra il V e il VI secolo dopo Cristo. Sua Santità il Karmapa (nel libro The Heart Is Noble: Changing the World from the Inside – Out Ogyen Trinley Dorje) afferma che potremmo considerare la caduta dei Buddha di Bamiyan come l’abbattimento dei muri tra tutti i popoli. Se la presenza di quelle statue ci metteva in disaccordo, forse potremmo ritenere utile che venissero abbattute. Questo è il meraviglioso sentimento di grande saggezza e apertura espresso dal Karmapa, nel non attaccamento alle forme.

Le statue erano ritenute dai talebani offensive forme di culto degli idoli. I musulmani non usano immagini. Nel buddhismo si ricorre all’uso di immagini sacre, di statue di Buddha che rappresentano diversi aspetti di qualità della nostra natura più profonda, come la compassione, la saggezza, la mente non duale. Sono strumenti di pratica, non oggetti di idolatria.

La fissazione a entrambe le posizioni e i pregiudizi creavano un muro fra i praticanti delle due religioni. Ma, come afferma il Karmapa, sono solo statue e non possono creare divisioni.

Un’altra possibile riflessione che emerge dalla vicenda dei Buddha di Bamiyan è relativa alla necessità di conoscenza delle altre religioni e di non giudizio senza un’adeguata comprensione.

Anche se siamo tutti parte della famiglia umana, siamo tutti interdipendenti, l’attaccamento alle etichette religiose e ai metodi specifici (con relativi riti, immagini, ecc.) può farci considerare in mondi separati. Quindi, gli insegnamenti religiosi, i mezzi abili, come vengono definiti nella tradizione buddhista vajrayana, possono diventare indirettamente la causa di conflitti sociali, anziché condurre alla concordia sociale. Ci si allontana dallo spirito originario espresso dai grandi maestri se le religioni portano a dividerci. Quando parlo di religioni mi riferisco non unicamente alle istituzioni, ma soprattutto alla comunità di praticanti e non sottintendo una valutazione sull’efficacia dei mezzi che esse propongono, anche se una riflessione dettagliata andrebbe fatta su specifiche interpretazioni e deviazioni.

Non è importante se siamo d’accordo o meno sugli aspetti formali e sui principi. Se abbiamo a cuore il bene degli altri, ciò che è importante è se le religioni contribuiscono al loro benessere e allo sviluppo spirituale.

Anche se ci sono e ci saranno sempre distinzioni che possiamo considerare superficiali, la spiritualità dovrebbe sviluppare la nostra consapevolezza di ciò che accomuna tutti gli esseri: ad un livello ordinario tutti gli esseri desiderano la pace, ad un livello ultimo tutti sono pervasi dalla stessa natura fondamentale. La religione dovrebbe aiutarci a riconoscere e ricongiungerci con questa comune natura primordiale. Tutte condividono alcuni valori fondamentali, relativi all’etica e al risveglio della mente e dei cuori.

Bisogna essere molto attenti ai pregiudizi, ai “bias” cognitivi che portano alla distorsione della realtà, come ad esempio considerare o percepire tutti i praticanti di una certa religione come violenti solo perché esistono frange estremiste che esprimo intolleranza o settarismo.

Il rispetto, l’accoglienza e l’amore per chi è diverso sono valori universali, non soltanto per i praticanti delle diverse religioni; quindi vivere in un una società con una ricchezza di diversità religiose e spirituali, ci dà la possibilità di sviluppare tali valori.

Il movimento Rimay, che seguo nella mia esperienza di pratica, promuove il non settarismo e la non partigianeria, considerando che tutte le tradizioni autentiche portano allo sviluppo spirituale fino alla realizzazione della natura fondamentale che accomuna tutti gli esseri senzienti.

Jamgon Kongtrul Lodrö Thayé, fondatore del movimento Rimay, spiega le tre caratteristiche che il praticante dovrebbe possedere per permettergli di mantenere la relazione con un maestro di saggezza:

  • Non settario: lo studente deve essere abbastanza maturo da non denigrare altri lignaggi, scuole di buddhismo o religioni.
  • Discriminazione: lo studente deve anche avere l’intelligenza per discriminare tra i numerosi percorsi e scegliere quello che porterà lui e gli altri alla liberazione.
  • Avidità: lo studente dovrebbe avere entusiasmo nel praticare il sentiero Mahayana.

(Tratto da “THE TEACHER-STUDENT RELATIONSHIP – A Translation of “The Explanation of the Master and Student Relationship, How to Follow the Master, and How to Teach and Listen to the Dharma” di Jamgon Kongtrul Lodro Thaye)

Inoltre, la sesta caduta radice dai voti di rifugio è:

Mancare di rispetto agli insegnamenti spirituali, nel suo senso generale, significa denigrare [la propria o] altre religioni per desiderio di guadagno personale.

(tratto da The Eight Great Guidances of the Upper Drukpa)

In sintesi, un praticante deve valutare l’efficacia della via spirituale per le proprie tendenze, per le proprie inclinazioni, sviluppare energia gioiosa nel seguire il sentiero scelto, ma allo stesso tempo non essere settario, non criticare altre religioni o altre tradizioni spirituali che risultano essere più adeguate per altri individui.

Registrazione video dell’incontro: