Unità nella diversità umana e religiosa

27/04/2021 – Nell’ottica dello “Spirito di Assisi” e del Dialogo Interreligioso, organizzato dal Centro Studi Francescani per il Dialogo Interreligioso e le Culture di Maddaloni (CE), si è tenuto in videoconferenza un incontro sul tema “Unità nella diversità umana e religiosa”.

Cosa ci unisce

Gli insegnamenti del Buddha si sviluppano su due livelli: quello temporaneo o interpretativo, relativo alla realtà relativa o relazionale, e quello definitivo, relativo alla realtà assoluta.

Secondo gli insegnamenti temporanei, sul piano della realtà ordinaria tutti gli esseri senzienti sono accomunati dalla stessa aspirazione alla pace, alla cessazione della sofferenza e allo stesso desiderio di felicità. Questa è la base per lo sviluppo dell’amore e della compassione universali.
Il grande Eduardo De Filippo scrisse:

“Io vulesse truvà pace;
ma na pace senza morte.
Una, mmieze’a tanta porte,
s’arapesse pe’ campa’! “

Siamo tutti uniti dal desiderio di pace autentica, che non si può ottenere con la morte, come si apprende dalle religioni.

Secondo gli insegnamenti definitivi, sul piano della realtà ultima tutti gli esseri senzienti hanno la stessa natura fondamentale, ovvero la stessa natura della mente o natura di Buddha.

La natura della mente è paragonata al cielo luminoso, aperto, sereno, che nell’esperienza ordinaria è coperto da nuvole. Queste ultime rappresentano le oscurazioni, che sono la causa delle nostre sofferenze, dei nostri disagi, che ci ostacolano nella realizzazione della nostra natura fondamentale. Esse sono:

  • la nostra ignoranza, ovvero il non percepire la realtà così com’è, l’illusione di un sé realmente esistente, autosufficiente, indivisibile, permanente;
  • la separazione fra noi e gli altri, originata dall’ignoranza;
  • le emozioni conflittuali che emergono nella separazione: odio, rabbia, attaccamento, indifferenza, desiderio, invidia, orgoglio;
  • le nostre tendenze mentali formate dalle nostre azioni, condizionate dalle emozioni conflittuali.

Le varietà del karma creano la diversità degli esseri.”
-Karmafattikasutra

Poiché gli esseri umani hanno diversi livelli di oscurazioni, diverse tendenze mentali, diversi condizionamenti dalle emozioni conflittuali o disturbanti, Buddha Shakyamuni con grande compassione diede insegnamenti contingenti diversi per persone diverse anche in termini di aspirazione e di capacità di comprensione. Si sono sviluppati, quindi, diversi lignaggi che non sono in contrapposizione fra loro e non sono gli uni superiori agli altri.

Una medicina non può curare tutte le malattie. Allo stesso modo, un insieme di insegnamenti non può essere d’aiuto per tutti gli esseri: questo è il principio di base del movimento Rimé e del buddhismo in generale.

Similmente vi sono religioni diverse che si sono adattate nei secoli anche ai diversi contesti culturali e sociali.

Il Buddha considerava le religioni autentiche come raggi della stessa luce, l’attività della mente risvegliata.

Unità nella diversità

Vi è un denominatore etico e spirituale comune a tutte le tradizioni autentiche, che può essere denominato “philosophia perennis” o insegnamento universale. Le tradizioni autentiche, sane si basano tutte sulla saggezza, sull’esperienza fondamentale.

Una tradizione autentica è riconosciuta non su basi ideologiche o concettuali, bensì dalla sua capacità di sviluppare e coltivare la pace interiore ed esteriore, l’armonia, la salute e tutte le virtù umane fondamentali. Quindi, l’autenticità delle tradizioni spirituali è da intendersi in relazione all’influenza sui suoi praticanti attraverso i suoi insegnamenti e le pratiche proposte.

Il cammino spirituale ci consente di essere persone migliori, in termini di attenzione all’esperienza, di apertura agli altri e alla realtà, di lucidità, di disponibilità, di accoglienza, di benevolenza, di altruismo, di tolleranza. La pratica ci trasforma interiormente, superando ogni forma di visione egocentrica, evitando però l’estremo di posizioni allocentriche, ovvero il porre unicamente gli altri al centro dell’esperienza. In sintesi la pratica ci consente di dissolvere le nostre illusioni e le nostre passioni disturbanti e di realizzare la realtà fondamentale.

Con il termine “yoga” si indicano le pratiche di meditazione. Yoga vuol dire unione fra i due poli della dualità, ovvero soggetto e oggetto dell’esperienza, e l’unione con la natura fondamentale. Molte persone si avvicinano al buddhismo o ad altre religioni con il desiderio di relazionarsi al soprannaturale. Il risveglio è la realizzazione dello stato naturale, rimuovendo il soprannaturale. La mente duale, concettuale sovrappone il soprannaturale allo stato naturale. Il soprannaturale è una proiezione della mente. Quindi, eliminando la dualità della mente, rimuovendo le illusioni si realizza lo stato naturale.

C’è un’unità di fondo nella diversità delle forme e delle espressioni. Le diverse formulazioni hanno origine nei diversi contesti storici, sociali, culturali e gli insegnamenti si adattano alle diverse capacità degli individui: inferiori, medie e superiori.

L’esperienza unisce, i concetti dividono

Quando due saggi (yogi) si incontrano, se non sono d’accordo è perché uno dei due non è saggio; se due teologi discutono e dibattono, se sono d’accordo è perché uno dei due non è un teologo!” (Proverbio tibetano).

Questo proverbio popolare tibetano esprime l’ impossibilità di descrivere l’esperienza del risveglio a causa della limitatezza delle parole nelle diverse lingue e delle strutture concettuali. Però spesso accade che “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito” (proverbio cinese), ovvero si confonde il significato con il significante.

Realizzare la natura fondamentale è un’esperienza, non è solo un concetto. I concetti sono come mappe geografiche che non sono i luoghi che rappresentano. La realtà e i concetti sono diversi; spesso li confondiamo. I concetti sono nella testa, l’esperienza nel cuore e si suol dire “il viaggio più lungo che facciamo è il viaggio dalla testa al cuore”.

Jamgon Kongtrul (1813–1899) fu uno dei fondatori del movimento Rimé (non-settario). Era così in disaccordo con un approccio settario, partigiano al punto di affermare che coloro che hanno opinioni settarie non possono sostenere nemmeno la propria tradizione. Kongtrul disse:

“Proprio come un re che persegue solo l’interesse personale
Non è degno di essere il protettore del regno,
Una persona settaria non è degna di essere un detentore del Dharma.
Non solo, è indegno di sostenere anche la propria tradizione.


I nobili condividono un’unica visione finale,
Ma gli arroganti la piegano ai propri interessi.
Coloro che mostrano tutti gli insegnamenti del Buddha come senza contraddizioni possono essere considerati persone istruite,
Ma chi sarebbe così sciocco da pensare che coloro che causano
discordia siano i detentori del Dharma?”

– Dal libro “The Rl-ME Philosophy of Jamgon Kongtrul the Great – A STUDY OF THE BUDDHIST LINEAGES OF TIBET” di Ringu Tulku

Registrazione video:

https://www.facebook.com/amedeo.imbimbo/videos/10218622816218370