Identità Religiosa nella Ricchezza dei Credi delle Varie Fedi

26/01/2022 – Nell’ottica dello “Spirito di Assisi” e del Dialogo Interreligioso, organizzato dal Centro Studi Francescani per il Dialogo Interreligioso e le Culture di Maddaloni (CE), si è tenuto in videoconferenza un incontro sul tema “Identità Religiosa nella Ricchezza dei Credi delle Varie Fedi”.

Cercherò di sviluppare il tema dell’identità religiosa nella ricchezza dei credi delle varie tradizioni spirituali sulla base della filosofia Rimé, a cui si ispira la comunità di cui faccio parte.

Rimé significa non settarismo, non partigianeria. Secondo tale filosofia, sviluppata nell’ambito del buddhismo tibetano nel 19o secolo, si riconosce la distinzione fra insegnamenti diversi, ma si afferma che non c’è contraddizione fra diverse tradizioni spirituali autentiche, poichè tutte propongono istruzioni valide che conducono alla comprensione profonda della realtà ultima. Si segue dunque un approccio inclusivo.

Il Buddha ci propone una via di profonda trasformazione interiore che consente di:

Prendendo in prestito le parole di Sua Santità Papa Francesco, “bisogna combattere la dittatura dell’io, quando l’io si gonfia” (ANGELUS – Domenica, 26 dicembre 2021 – FESTA DELLA SANTA FAMIGLIA DI NAZARET). L’io, l’ego condiziona la nostra vita, ci domina come un dittatore. L’attaccamento all’io, all’ego è causa di sofferenza, di disarmonia e di conflitti con sé stessi e con gli altri.

Una caratteristica del buddhismo è che, a partire dagli insegnamenti del Buddha, si sono diramate diverse Vie per diversi tipi di persone. Come una medicina non può andare bene per curare diversi tipi di malati, allo stesso modo, vi sono lignaggi diversi per persone diverse, in termini di ricettività, intelligenza e sviluppo spirituale. Ma tutte le diverse Vie discendono dalla stessa esperienza del Buddha.

In generale, secondo la filosofia Rimé, si apprezza la ricchezza della diversità di religioni, di tradizioni spirituali autentiche. L’autenticità della Via è da riscontrare nella possibilità di realizzare la realtà assoluta.

Tutte le religioni propongono principi etici volti alla pace e alla concordia fra tutti gli individui, forniscono dei metodi per sviluppare valori umani come l’altruismo, la pazienza, la presenza attenta all’esperienza, e consentono di comprendere profondamente chi siamo, andando oltre la superficialità delle apparenze.

Il movimento Rimay ebbe inizio nel diciannovesimo secolo nel contesto del buddhismo tibetano e fu fondato da Jamgon Kongtrul (1813-1899) e Jamyang Khyentse Wangpo (1820-1892) in risposta a tendenze settarie in Tibet. Sebbene questi due maestri di meditazione abbiano ricevuto, praticato e trasmesso gli insegnamenti di diversi lignaggi, non hanno mai mancato di riconoscere la loro affiliazione alle proprie scuole.

Rimé non significa “anticonformista” o “non impegnativo”. Non è una scuola o un sistema diverso da quelli esistenti. I seguaci dell’approccio Rimé seguono quasi sempre un unico lignaggio per le loro pratiche principali. Sebbene rispettino e imparino da altre tradizioni, non si dissociano dalla scuola in cui sono cresciuti.

Oggi, tutte le tradizioni del buddhismo tibetano seguono l’approccio rimé e non ci sono forme di settarismo. Tutti i lignaggi seguono gli stessi insegnamenti di base sull’etica, sullo sviluppo delle virtù trascendenti, sulla visione profonda.

In generale nel buddhismo vi è un rispetto fra praticanti di diversi lignaggi, anche se alcuni, nell’idea di preservare intatta la propria tradizione, rifiutano di studiare insegnamenti di altri maestri. Questo atteggiamento può portare ad una forma di chiusura. L’ignoranza è il terreno fertile per incomprensioni.

Jamgon Kongtrul affermò la propria contrarietà verso ogni forma di settarismo con queste parole:

Proprio come un re sopraffatto dall’interesse personale
non è degno di essere il protettore del regno,
una persona settaria non è degna di essere detentrice del dharma.
Non solo, è indegno di sostenere anche la propria tradizione.”

E ancora:

I nobili condividono un unico punto di vista finale,
ma quelli arroganti lo piegano ai propri interessi.
Coloro che mostrano tutti gli insegnamenti del Buddha
senza contraddizione possono essere considerati persone istruite,
ma chi sarebbe così sciocco da pensare che coloro che causano
discordia sono i detentori del dharma?”

Rimé è una forma di apprezzamento e di rispetto verso tutte le differenze, ma non è un approccio che tende ad amalgamare tutti i lignaggi.

Una deviazione da evitare è il cosiddetto “cocktail spirituale“, ovvero il mescolamento di principi e tipi di pratiche di diverse tradizioni, che inevitabilmente porta a ulteriore confusione e non è di nessun beneficio. Bisogna essere attenti alla coerenza nel percorso da seguire, avvalendosi del supporto di maestri spirituali qualificati.

Ritengo che, legata a questa forma di sincretismo, vi sia anche un’altra deviazione, che definisco “retributiva”: l’approccio alle pratiche spirituali per avere in cambio beneficio per sé, per la propria famiglia o per la propria comunità. Questa motivazione è orientata chiaramente ad accrescere le tendenze egocentriche.

Kongtrul scrive di Khyentse nella sua biografia di quest’ultimo:

Alcune persone sono molto pignole nelle confutazioni e le affermazioni dei vari dogmi, attaccandosi particolarmente alle loro versioni, come Madhyamaka Rangtong o Shentong. Ci sono molti che cercano di far avvicinare gli altri alla loro parte, al punto da rompergli praticamente il collo.”

Quando Jamyang Khyentse insegna i diversi sistemi di principi, non confonde la loro terminologia o le loro idee, ma le rende facili da capire e adatti agli studenti.

In generale, il punto principale che deve essere stabilito da tutti i principi è la natura ultima dei fenomeni. Come afferma il Prajna paramita Sutra:

La dharmata non è un oggetto di conoscenza;
Non può essere compreso dalla mente concettuale.”

Inoltre, Ngok Lotsawa, che è considerato la corona preziosa di intellettuali tibetani, concorda con questa interpretazione quando dice:

La verità ultima non è solo al di là della dimensione di linguaggio ed espressione, è al di là della comprensione intellettuale.”

Quindi, la realtà ultima non può essere realizzata da una mente concettuale, anche se molto acuta e sviluppata.

Bisogna distinguere gli insegnamenti dei vari lignaggi e considerarli come istruzioni. Questa è la base del non settarismo.

Il concetto di Rimé affonda le sue radici nelle parole del Buddha Shakyamuni, il quale proibì ai suoi studenti di criticare gli insegnamenti e gli insegnanti di altre tradizioni buddhiste e di altre religioni e culture. Questo precetto era così forte e inequivocabile che nell’Ingresso della Via di Mezzo, Chandrakirti (importante filosofo buddhista indiano del VII secolo) si sentì in dovere di difendere i trattati di Madhyamaka di Nagarjuna dicendo:

Nel cercare di capire la verità, si dissipano i malintesi; quindi alcune filosofie non possono rimanere intatte. Ciò non deve essere considerato come una critica alle opinioni altrui.”

“L’esperienza unisce, i concetti dividono” (Denys Rinpoce)

In tutte le religioni e in tutte le tradizioni vi è una componente di studio e di riflessione teologica, filosofica e sociologica e una componente di pratica (meditazione/contemplativa).

In alcune tradizioni si attribuisce maggiore importanza allo studio e alla riflessione, in altre alla pratica, all’esperienza. Bisogna evitare i due estremi dello “studioso folle”, che ha una comprensione solo teorica, e del “praticante stupido” che non comprende il senso dei metodi che in cui si impegna.

I concetti sono utili al fine di affinare l’intuizione sulla realtà assoluta e di provare a descriverla; ma l’esperienza autentica e diretta della realtà, nei suoi aspetti convenzionali e ultimi, può essere realizzata solo attraverso la pratica.

Accumulare solo conoscenze del buddismo o di altre religioni non sarà sufficiente per rispondere alle nostre domande più scottanti.

Dobbiamo imparare i metodi per trasformare la nostra stessa sofferenza, le situazioni in cui siamo coinvolti, per sciogliere i nostri preconcetti, I nostri punti di vista, la nostra rabbia e le nostre abitudini malsane, per riprendere contatto con la nostra vita nella sua natura più profonda.

C’è un vecchio detto in Tibet:

Se due filosofi sono d’accordo, uno non è filosofo.

Se due santi non sono d’accordo, uno non è santo.

Si può disquisire sulla realtà assoluta, procedendo con dibattiti, per confutazioni sempre più sottili, come spesso fanno i filosofi o i teologi; ma santi sono coloro che hanno realizzato direttamente e autenticamente la natura fondamentale, che accomuna tutti gli esseri senzienti.

Nel buddhismo tibetano si distinguono due veicoli principali: il piccolo veicolo (hinayana) e il grande veicolo (mahayana) con differenze in termini di posizioni filosofiche e di tipi di pratica. Non c’è un rapporto di superiorità del secondo sul primo. Sono, invece, due sentieri proposti a persone con ricettività e aspirazioni diverse: per grandi linee, il primo è orientato a chi aspira alla pace interiore individuale, il secondo è teso allo sviluppo della compassione universale.

In un esempio tradizionale, che viene spesso fatto, riguarda alcuni mercanti alla ricerca di gioielli preziosi. Dovendo attraversare un intero deserto, si scoraggerebbero e tornerebbero indietro; a questi viene indicata una tappa intermedia, una città dove rifocillarsi. Allo stesso modo, nel buddhismo vengono proposte tappe da poter raggiungere più agevolmente da alcune persone.

Poiché tutte le religioni aiutano a sviluppare amore e compassione universali, vorrei concludere con alcune parole, pronunciate nel prendere i voti di bodhisattva. Il bodhisattva è un praticante che aspira al risveglio per il bene di tutti i viventi.

L’apprendistato di bodhicitta (Aria Jonangpa)

Per compiere il bene di tutti i viventi
Io dono generosamente:
Il mio corpo, i mie beni
E tutte le virtù dei tre tempi.

Come la terra e gli altri elementi
Provvedono in numerose maniere,
Immensamente e perpetuamente,
Ai bisogni degl’innumerevoli viventi,
Possa io, in tutti i modi possibili,
Provvedere ai bisogni dei viventi
Che riempiono lo spazio,
Fino a che tutti abbiano raggiunto il risveglio.