Storiella sul Karma

Esiste una storiella popolare che spiega il concetto di karma attraverso l’analogia dei cavalli. Ecco di seguito la storia:

“C’era una volta un vecchio saggio che viveva in un villaggio ai piedi delle montagne. Un giorno, il figlio del suo vicino perse il suo unico cavallo. I vicini del ragazzo vennero a trovarlo e dissero: “Che sfortuna! Il tuo unico cavallo è scappato!” Ma il vecchio rispose: “Chi sa se questa è una buona o una cattiva notizia”.

Dopo qualche giorno, il cavallo del ragazzo tornò, portando con sé una mandria di cavalli selvatici. I vicini del ragazzo tornarono a trovarlo e dissero: “Che fortuna! Ora hai molti cavalli!” Ma il vecchio rispose: “Chi sa se questa è una buona o una cattiva notizia”.

Poco dopo, il figlio del vicino cadde mentre cercava di addomesticare uno dei cavalli selvatici e si ruppe una gamba. I vicini del ragazzo vennero di nuovo a trovare il vecchio saggio e dissero: “Che sfortuna! Tuo figlio si è ferito gravemente!” Ma il vecchio rispose: “Chi sa se questa è una buona o una cattiva notizia”.

Qualche tempo dopo, in una guerra che scoppiò nella regione, tutti i giovani del villaggio furono costretti ad arruolarsi nell’esercito. Ma il figlio del vicino, con la gamba rotta, fu l’unico ad essere esentato. I vicini del ragazzo vennero di nuovo a trovare il vecchio saggio e dissero: “Che fortuna che tuo figlio non ha dovuto andare in guerra!” E il vecchio saggio rispose: “Chi sa se questa è una buona o una cattiva notizia”.

Questa storiella suggerisce che gli eventi della vita non possono essere valutati a priori come buoni o cattivi, come frutto di karma positivo o negativo, poiché possono avere conseguenze positive o negative a lungo termine. Secondo gli insegnamenti sul karma, ogni azione che compiamo ha una conseguenza, che può manifestarsi in questa vita o in quella successiva. Pertanto, non dovremmo giudicare le cose come positive o negative, ma accogliere ciò che accade e cercare di trarre insegnamenti dalle nostre esperienze per evolvere spiritualmente.

Questa storiella è stata tramandata in diverse tradizioni e culture, tra cui la tradizione buddhista, quella induista e quella taoista. In particolare, nella tradizione buddhista, questa storia viene spesso raccontata per spiegare il concetto di anicca (impermanenza) e anatta (non-sé). Tuttavia, la stessa storiella può essere trovata in molte altre culture e tradizioni, in cui viene utilizzata per spiegare il concetto di karma.