Educare alla Società Aperta. Il Ruolo dei Formatori

Napoli – 17/12/2021 – Chiesa Taoista d’Italia, si è tenuto “IN PRESENZA” l’incontro del gruppo “SPIRITO DI ASSISI”, programmato dal Centro Studi Francescani per il Dialogo Interreligioso e le Culture, sul tema “Educare alla società aperta. Il ruolo dei formatori”.

È utile riflettere sul modo di stare insieme, sul rapporto fra individuo e società e sulle relazioni con il potere, soprattutto nel periodo che stiamo vivendo. Siamo quasi usciti da un periodo di lockdown, di chiusura, in cui le società sono state blindate.

Nel processo di civilizzazione, si passa da società chiuse a società aperte e si supera la paura dell’altro, talune volte giustificate, in altre ingiustificate.

Come nel periodo di pandemia che stiamo vivendo, ci può essere una regressione verso società chiuse a causa della paura degli altri che minacciano il nostro stato di salute o addirittura la nostra vita.

Oggi, la globalizzazione, la minaccia del terrorismo, l’inefficienza nello gestire i flussi migratori portano a rivedere le concezioni convenzionali di società aperta e di società chiusa.

Sul significato preciso di “società aperta” non c’è una piena convergenza.

Come espresso da Karl Popper nell’opera “La società aperta e i suoi nemici” (1945), il termine “società aperta” è associato all’ideale di ordine sociale, di modo di convivenza umana basato su valori fondamentali come la democrazia, la libertà di ricerca, di parola e di azione, i diritti umani, la trasparenza nel processo decisionale e nella produzione di conoscenza, l’uguaglianza sociale, la difesa dei più deboli e delle minoranze.

Popper non propone una forma di stato o di governo, ma fa un’analisi epistemologica.

L’apertura è riferita al pensiero critico, alla possibilità di non accettare passivamente dogmi imposti dal potere coercitivo e manipolante, di mettere in discussione ogni cosa, compreso il proprio modo di pensare, al fine di avere una visione autonoma e consapevole. Quindi, apertura alla conoscenza e apertura della mente sono la base di società aperte.

In una società chiusa, invece, i suoi membri devono sottostare a ordini superiori, considerati “magici” e dunque indiscutibili. Alcuni esempi: i popoli dovevano subire un monarca assoluto per volere divino; il sistema di caste chiuse veniva e viene imposto per una interpretazione religiosa dell’equilibrio naturale; sistemi totalitari imponevano e impongono verità non discutibili, impedendo di fatto lo sviluppo della conoscenza. Quindi, i membri di una società chiusa agiscono in modo meccanico seguendo le regole della tribù.

Nella società aperta, i singoli sono liberi e, in quanto liberi, responsabili delle proprie azioni. La libertà, nel rispetto delle regole e degli altri, è associata all’impegno in favore della conoscenza e per il superamento dei propri limiti, dovuti alle proprie convinzioni e alla propria tradizione, che talune volte viene imposta senza la possibilità di discriminazione.

Nella consapevolezza che non esistono verità assolute, l’apertura viene sviluppata attraverso il dialogo, in cui tutte le idee e tutte le teorie devono essere rispettate, ma possono essere messe in discussione.

È, dunque, ragionevole pensare che una società aperta sia basata su menti aperte. Educare alla società aperta vuol dire sviluppare l’apertura della mente.

Contrariamente a società chiuse in cui non viene consentita la libertà di pensiero, nelle società aperte si favorisce lo sviluppo della conoscenza e la capacità di ragionamento.

Il buddhismo è definito come epistemologia dell’assoluto e, in generale, la mente è al centro del Dharma, ed è su questo terreno che è interessante fare alcune considerazioni.

Uno degli insegnamenti di base sulla mente è la legge del karma per la quale vi è una cattiva interpretazione. Spesso è inteso come destino inevitabile, che ad esempio impone rigide caste chiuse. La legge del karma, secondo cui ogni azione porta inesorabilmente a delle conseguenze future a chi la compie, è invece legata alla libertà di pensiero e di azione: siamo liberi in una certa misura di scegliere e in quanto liberi siamo dunque responsabili di ciò che facciamo. Ogni azione di corpo, parola e mente segna delle impronte sulla coscienza fondamentale che condizioneranno la nostra esperienza futura. Ma attraverso la nostra libertà di scelta possiamo cambiare il nostro destino.

Nell’insegnamento del Buddha, il risveglio della mente ha tre qualità inscindibili: l’apertura, la chiarezza e la bontà o disponibilità. Queste sono caratteristiche della nostra natura fondamentale. Sono innate in tutti i viventi; ma sono nascoste, velate dalle nostre visioni erronee e dalle nostre passioni conflittuali.

L’apertura corrisponde alla spaziosità della nostra esperienza. L’apertura è l’abbandono di ogni forma di visione egocentrica e di ogni forma di attaccamento: alla propria identità, ai propri costituenti psico-fisici, alle proprie idee, alle proprie convinzioni. L’apertura è il superamento di ogni limite; è la qualità di una mente non concettuale, non dualista, senza né soggetto né oggetto della conoscenza, senza né centro né periferia. Una mente polarizzata nel dualismo soggetto-oggetto è una mente limitata: minore è l’attaccamento al soggetto o ego, minore è la polarizzazione e maggiore è l’apertura della nostra mente. L’apertura è la percezione panoramica della realtà che viviamo.

La seconda qualità, la chiarezza, corrisponde alla realizzazione della nostra natura ultima, la natura della mente, che si ottiene con una consapevolezza profonda della realtà. Nella filosofia della via di mezzo si distinguono due realtà: la realtà ultima e la realtà convenzionale. Nella realtà ultima, il sé e tutti i fenomeni non hanno esistenza intrinseca, non esistono realmente; non esistono etnie, appartenenze religiose, e così via.

La bontà, o la disponibilità, corrisponde alla caratteristica della nostra mente cuore e della nostra esperienza di non avere limiti.

Oltre i nostri concetti e le nostre idee, c’è la nuda piena presenza. La seguente equazione esprime il significato profondo della bontà:

  • piena presenza attenta + apertura della mente = disponibilità o bontà

La bontà a cui ci si riferisce in questo caso è l’amore e la compassione naturali e spontanee, senza riferimento, senza né soggetto, né oggetto, né intenzione.

Educare all’apertura significa insegnare a non relativizzare l’assoluto e non assolutizzare il relativo.

Bisogna distinguere la realtà dai concetti con cui si prova a descriverla. La realtà ultima è al di là di ogni concetto. Non bisogna confondere il significato con il significante.

Non bisogna inoltre ridurre la comprensione dell’assoluto ad una visione relativista della realtà.

Educare ad una società aperta significa sviluppare apertura nelle menti e bontà nei cuori.

L’educazione deve essere tesa al superamento della paura dell’altro. Vi può essere un sano egoismo nel riflettere sulla interdipendenza fra tutti gli individui e sull’interesse comune che ci permette di superare la paura dell’altro. Nello sviluppo spirituale, se realizziamo la nostra natura fondamentale, ovvero la mancanza di esistenza intrinseca del sé-soggetto, e abbandoniamo ogni forma di attaccamento alla nostra individualità e alle nostre idee, ritroveremo lo spazio della non paura, del coraggio dei valorosi che consacrano la propria vita per il bene degli altri.

Il ruolo dei formatori deve essere quello di sviluppare l’apertura e l’attenzione della mente.