Le Religioni a Servizio della Pace e della Fraternità: la Nostra Testimonianza

Il 21 febbraio 2024 nello “SPIRITO DI ASSISI” alle ore 19,30, programmato dal Centro Studi Francescani per il Dialogo Interreligioso e le Culture – Maddaloni (CE), diretto da Padre Edoardo Scognamiglio, in collaborazione con il Gruppo dello “Spirito di Assisi – Campania” , presso il Centro Studi Francescani sito in Maddaloni (CE) alla via San Francesco D’Assisi 117, si è tenuto l’incontro: “Le Religioni a servizio della Pace e della Fraternità: la Nostra Testimonianza


“5. In questo mondo l’odio
non può porre fine all’odio.
Solo l’amore è capace
di estinguere l’odio.
Questa è la legge eterna.”
(Dhammapada)

Credo che questo pensiero del Buddha possa essere condiviso da tutti i praticanti di qualsiasi religione.

Cosa significa “fraternità” nel contesto buddhista?

Noi tutti, esseri viventi, desideriamo non soffrire e aspiriamo alla felicità. Tuttavia, abitualmente generiamo le cause di disarmonia e dolore attraverso le nostre azioni di corpo, parola e mente. L’origine di questa sequenza continua di cause ed effetti è l’attaccamento: all’ego, ai concetti, alle ideologie, ai fenomeni mondani, come la fama, il potere, la ricchezza, e così via. La bontà si manifesta con la sensibilità verso la sofferenza e le sue cause.

La fraternità è innanzitutto legata al fatto che, essendo esseri viventi, siamo tutti interdipendenti e che la nostra felicità o il nostro stato di disagio derivano anche dagli altri. Non possiamo immaginare di essere felici se intorno a noi persistono guerre, condizioni di miseria, di disadattamento e di bisogno.

Da questa constatazione dovrebbe emergere in noi la compassione, la spinta a prenderci cura degli altri.

In una prospettiva epistemologica, la fraternità è correlata alla natura ultima che pervade tutti gli esseri senzienti, tradizionalmente definita Natura di Buddha o semplicemente Natura.

Compassione e saggezza

Il cuore umano è fondamentalmente compassionevole. Saggezza e compassione sono due aspetti inscindibili della nostra natura più profonda. Senza compassione, la saggezza non può funzionare.

La saggezza è l’apertura che ci permette di vedere ciò che è essenziale e più efficace.

La saggezza e la compassione, innate in tutti gli esseri viventi, tuttavia sono oscurate dal nostro egocentrismo e da tutte le passioni conflittuali.

In tutti gli ambiti dell’esperienza umana, dalla religione, alla filosofia, alla scienza, allo sviluppo o alla politica, ovunque può manifestarsi saggezza e compassione.  Ma a causa del nostro egocentrismo e della nostra tendenza mentale a lasciarci coinvolgere dalle nostre simpatie e dalle nostre antipatie, alziamo muri e ci isoliamo dagli altri.

L’apertura che potrebbe manifestarsi tra gli esseri umani è ostacolata da due elementi fondamentali: la speranza e la paura. Tutti noi bramiamo un po’ di felicità e nessuno desidera soffrire, quindi ogni nostra azione è motivata dal desiderio egoista di raggiungere la felicità e evitare il dolore. In un mondo già diviso in tanti modi, rischiamo di creare una divisione ulteriore, generando un atteggiamento estremamente egoista.

Le diverse filosofie e religioni del mondo si propongono di abbattere questo muro di autoisolamento, affinché possiamo interagire gli uni con gli altri con vera cura e compassione. 

Da una prospettiva buddhista, esaminiamo noi stessi con attenzione, non per incolparci di aver creato questa divisione, ma per comprendere e affrontare la causa principale del problema.

Alla base della pratica meditativa vi è l’acquietare la nostra mente dalle tutte le agitazioni che derivano dall’inseguire come una scimmia tutte le vicende del mondo. Con la pacificazione della mente, emerge la nostra saggezza primordiale.

La pace e l’armonia della società si realizza solo se ciascuno di noi inizia ad acquistare la propria mente dalle agitazioni dell’odio, della rabbia, della bramosia e di tutte le passioni disturbanti.

All’inizio di ogni sessione di pratica recitiamo i quattro pensieri incommensurabili:

Possano tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le cause della felicità;
Possano tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle cause della sofferenza;
Possano tutti gli esseri senzienti essere inseparabili dalla gioia suprema che è al di là di ogni dolore;
Possano tutti gli esseri senzienti dimorare nell’equanimità liberi da attaccamento, avversione e dolore.

I quattro pensieri incommensurabili sono: l’amore, la compassione, la gioia e l’equanimità.

Tre tipi di bontà 

Tradizionalmente, nell’ambito di uno sviluppo spirituale graduale, vengono presentati tre tipi di bontà amorevole e compassionevole:

  • In riferimento agli esseri,
  • In riferimento alla realtà,
  • Senza riferimento.

Questa classificazione ci assiste nel nostro percorso di autoconsapevolezza e sviluppo spirituale.

L’amore e la compassione in riferimento agli esseri corrispondono alla sensibilità che proviamo per il dolore altrui.

È più facile provare compassione per coloro che sono vicini a noi, mentre diventa più complesso estenderla a chi è distante; tendiamo ad essere più sensibili alle difficoltà, alla povertà o alla malattia, mentre ci mostriamo meno compassionevoli verso chi gode di ricchezza, salute e benessere. Risultiamo compassionevoli verso coloro che riconosciamo come vittime, ma ci costa comprendere coloro che identifichiamo come carnefici. Spesso ignoriamo il fatto che tutti noi siamo coinvolti in un ciclo esistenziale continuo, in cui si alternano stati dolorosi e momenti di felicità effimera. Questo ciclo si perpetua attraverso una sequenza continua di cause e conseguenze: ad esempio, seminando odio, ci troviamo immersi in conflitti e sofferenze, alimentando ulteriore odio e rancore.

La bontà In riferimento alla realtà emerge principalmente attraverso la comprensione dell’interdipendenza: siamo tutti interconnessi gli uni agli altri e con la natura circostante. Quando acquisiamo consapevolezza di questa interdipendenza, sorge la necessità di prendersi cura degli altri. Essere compassionevoli significa prendersi cura dell’ambiente e degli esseri viventi. La bontà si sviluppa attraverso la comprensione della realtà della sofferenza e delle sue cause e attraverso lo sviluppo dell’intelligenza per comprendere i rimedi opportuni.

La bontà senza riferimento rappresenta il completo risveglio, il totale abbandono degli attaccamenti all’ego, alle ideologie e ai fenomeni mondani. Una mente risvegliata è completamente pacificata. È necessario liberare la mente per poter realizzare un’intelligenza immediata, panoramica, senza un punto centrale o periferico, né egocentrica né tantomeno allocentrica. In modo insano, molti pongono gli altri al centro dei propri interessi di vita. La vera salute risiede nell’abbandono di qualsiasi punto di riferimento, con la mente perfettamente pacificata e aperta. È in questa apertura che si manifesta il nostro potenziale illimitato e le infinite possibilità di prendersi cura degli altri.

“202. Non c’è fuoco pari al desiderio
né malattia peggiore dell’odio
né pena che opprima come l’attaccamento
né gioia pari alla pace della libertà.

388. Un grande essere
è chi ha trasformato il male.
Contemplativo
è uno che vive in pace.
Rinunciante
è chi abbandona l’impurità.

406. Chi resta amichevole
fra gli ostili
in pace fra gli aggressivi
e non si aggrappa a ciò
da cui gli altri dipendono
è un essere grande.”

(Dhammapada)