Portatori di Nuovi Racconti

Il 3 Novembre 2023 alle ore 15,30 si è tenuto nella diocesi di Napoli si è tenuto il convegno “Portatori di nuovi racconti“, un’importante occasione di incontro e condivisione di esperienze nelle relazioni ecumeniche ed interreligiose, organizzato dall’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso (UNEDI) della Conferenza Episcopale Italiana. L’incontro con i delegati (gruppo 4) si è svolto nella Parrocchia Immacolata Concezione a Capodichino (NA) e ha visto anche la partecipazione di:

Parroco: mons. Vincenzo Doriano De Luca
Parroco: don Salvatore Piscopo
Chiesa Libera di Volla: Pastore Giuseppe Verrillo
Amedeo Imbimbo: Buddhismo Vajrayàna
Luigi Vitiello: Buddhismo Dzogchen
Commissione ecumenica: Annarita Lamberti, Carmela Cristiano


Per iniziare il mio intervento, intendo chiarire i miei punti di riferimento spirituali, al fine di rendere più trasparenti le mie riflessioni.

Sono dell’ordine non monastico dei ngagpa del buddhismo indo-tibetano secondo la tradizione vajrayana.

Mi sono sempre ispirato alla filosofia rimé.

Movimento Rimé

“In tibetano, ‘Ri’ significa ‘unilaterale’, ‘partigiano’ o ‘settario’. ‘Me’ significa ‘no’. Quindi, ‘Ri-me’ significa ‘non prendere parte’, ‘non partigiano’ o ‘non settario’. Non significa ‘non conformista’ o ‘non impegnato’. Non è una scuola o un sistema diverso da quelli esistenti. 

I seguaci dell’approccio Rimé tendono generalmente a seguire un singolo lignaggio di pratica, pur mostrando rispetto e interesse per le altre tradizioni. Per esempio, i fondatori del movimento Rimé, Jamgön Kongtrul (1813–1899) e Jamyang Khyentse Wangpo (1820–1892), pur avendo ricevuto insegnamenti da tutti gli otto lignaggi della tradizione buddhista indo-tibetana, seguivano rispettivamente le tradizioni Nyingma e Kagyu, e Nyingma e Sakya. 

Nella prospettiva buddhista, è accettato che percorsi diversi siano appropriati per tipi di persone diversi, proprio come una singola medicina non può curare tutte le malattie, così un insieme di insegnamenti non può aiutare tutti gli esseri. 

Si selezionano i sutra e/o i tantra più appropriati dai diversi canoni buddhisti e su questi si fonda la propria pratica. In questo modo nascono le diverse scuole del Buddhismo. Non sono “sette” perché non ci sono gruppi che si dissociano dagli insegnamenti essenziali. Tutte le scuole riconoscono i quattro sigilli del buddhismo:

  • tutti i fenomeni composti sono impermanenti,
  • tutto ciò che è impuro è nella natura della sofferenza,
  • tutti i fenomeni mancano di una identità propria,
  • al di là della sofferenza c’è la pace.

Sono emerse diverse linee di discendenza anche tra coloro che praticano gli stessi insegnamenti.

In Tibet, in Nepal e in altri luoghi in cui il buddhismo si è diffuso, nell’antichità le varie scuole non avevano contatti stretti le une con le altre, il che poteva portare a incomprensioni dovute alla mancanza di scambi. Nel tentativo di preservare la purezza dei loro lignaggi, giungevano al punto di rifiutare insegnamenti di maestri e di non studiare testi di altri lignaggi.

Jamgön Kongtrul sul settarismo

Jamgön Kongtrul era così profondamente in disaccordo con un approccio settario da affermare che coloro che abbracciano opinioni settarie non possono nemmeno sostenere adeguatamente la propria tradizione. Kongtrul dice:

“Proprio come un re sopraffatto dall’interesse personale

Non è degno di essere il protettore del regno,

Una persona settaria non è degna di essere detentrice del dharma.

Non solo, è indegno di sostenere anche la propria tradizione.”

E ancora:

“I nobili condividono un’unica visione ultima,

Ma gli arroganti piegano tutto ciò ai propri interessi.

Coloro che mostrano tutti gli insegnamenti del Buddha come privi di contraddizioni possono essere considerati persone colte,

Ma chi sarebbe così sciocco da pensare che coloro che causano discordia siano detentori del dharma?”

L’approccio Rimé non mira a unire scuole e lignaggi diversi, cercando di enfatizzare le loro similitudini, non è un movimento sincretistico.

Nella filosofia rimé si  apprezzano le differenze e si riconosce la ricchezza e l’utilità della varietà, al fine di soddisfare le esigenze diverse dei praticanti, in termini di ricettività, sensibilità e aspirazione. Il Buddha Sakiamuni stesso diede insegnamenti diversi per praticanti diversi. Tradizionalmente è detto che il Buddha diede 84000 insegnamenti, uno per ogni veleno della mente (odio, rabbia, ignoranza, bramosia, ecc).

Gli insegnanti rimé perseguono l’unicità e l’autenticità degli insegnamenti, dei metodi, delle pratiche e degli caratteristici delle diverse scuole, affinché non si confondano tra di loro.

Ciascun lignaggio conserva un’esperienza unica degli insegnamenti del Buddha.

Kongtrul e Khyentse si dedicarono con grande impegno a preservare l’autenticità di ciascun insegnamento, rendendolo accessibile a un vasto pubblico. Contemporaneamente, essi sottolinearono che non era opportuno attaccarsi in maniera rigida alle proprie convinzioni nel tentativo di persuadere gli altri. Il fine supremo di questa pratica consiste nella profonda comprensione della realtà, la quale non è di natura concettuale, è oltre la comprensione intellettuale, ma si manifesta come un’esperienza diretta.

Gli studiosi e i praticanti delle diverse scuole presentano il dharma con valide argomentazioni. Se si possiede una solida comprensione della propria tradizione, non è necessario essere settari. Tuttavia, quando manca una base solida nella propria tradizione, si rischia di confondere i principi e la terminologia. A volte si tenta di adottare altri sistemi per sostenere la propria comprensione, ma ciò può portare a una confusione nei concetti relativi alla visione, alla meditazione e alla condotta.

È necessario possedere una solida conoscenza e una profonda fiducia nel proprio sistema per essere in grado di confrontare diverse posizioni e, eventualmente, cercare di confutarle.

In sintesi, bisogna considerare tutti gli insegnamenti come privi di contraddizioni e considerare tutte le Scritture come istruzioni. Ciò farà seccare le radici del settarismo e dei pregiudizi e ti darà una solida base negli insegnamenti del Buddha. A quel punto, centinaia di porte agli ottantaquattromila insegnamenti del dharma saranno simultaneamente aperte per te.

  • Jamgön Kongtrul

La filosofia rimé non è originata da Kongtrul e Khyentse. Il Buddha Shakyamuni proibì i suoi discepoli di criticare gli altri maestri, altri insegnamenti e altri praticanti di altre religioni e culture. 

Nel testo Ingresso alla Via di Mezzo, Chandrakirti (600 dC) si sentì obbligato a difendere i trattati Madhyamaka di Nagarjuna dicendo:

Se, nel tentativo di comprendere la verità, si dissipano le incomprensioni, e quindi alcune filosofie non possono rimanere intatte, ciò non dovrebbe essere considerato una critica alle opinioni degli altri.

Chandrakirti ci invita a essere aperti alla possibilità di cambiare le nostre opinioni e filosofie 

quando ciò è giustificato da una comprensione più profonda, anziché percepirlo come una critica personale o un attacco alle opinioni altrui.  

Gli insegnamenti del Buddha sono da considerarsi come non contraddittori perché tutti tendono alla riscoperta della nostra natura fondamentale, la talità, per cui tutti i praticanti buddhisti dovrebbero seguire un approccio rimé, non settario, dovrebbero mantenere una mente aperta.

Tutti gli insegnamenti del Buddha possono essere paragonati a piccoli corsi d’acqua che confluiscono nei grandi fiumi, i quali, a loro volta, si riversano nell’oceano. Nell’ampio oceano, tutti i fiumi condividono lo stesso sapore di sale. Allo stesso modo, tutti i veicoli spirituali sono come piccoli fiumi che ci aiutano a comprendere la natura primordiale, liberandoci dalle impurità delle visioni erronee. 

C’è un vecchio detto in Tibet:

Se due filosofi sono d’accordo, uno non è filosofo.

Se due santi non sono d’accordo, uno non è santo.

Se tutti i santi condividono la stessa esperienza della natura primordiale, le uniche differenze possono risiedere nel modo in cui essa viene comunicata agli altri.

Dialogo Interreligioso

Punti di forza
– In Italia il Vaticano e i leader di diverse religioni invitano al dialogo.
– Dialogo anche con coloro che non seguono alcuna religione.
– Confronto su diversi livelli: fra leader e fra praticanti.
Punti di debolezza
– Mancanza di conoscenza di altre religioni e, in particolare, di tradizioni orientali.
– Lessico.
Opportunità 
– Sviluppo umano.
– Consolidamento della fraternità.
– Condivisione di esperienze metodologiche.
– Ampliare il dialogo a coloro che non praticano alcuna tradizione spirituale.
– Aiutare a comprendere l’autenticità di altre tradizioni spirituali.
– Non attaccamento alla tradizione spirituale.
Possibili Minacce
– Settarismo.
– Sincretismo
– Proselitismo.
– Ideologie politiche possono contaminare confronti sulla sfera della religione e della spiritualità.
– Attaccamento.
Sintesi degli aspetti affrontati

Scopo del Dialogo

Il principale obiettivo degli incontri interreligiosi è testimoniare una consapevolezza condivisa: siamo tutti abitanti della Terra, membri della stessa famiglia della vita. Vogliamo rafforzare il nostro impegno per la pace e l’armonia tra le diverse comunità attraverso la pratica della non-violenza, ispirata da Mahatma Gandhi e da molte altre figure. La non-violenza, conosciuta come Satyāgraha, si traduce come “forza della verità” o “forza d’animo” ed è la nostra arma nella lotta contro l’ingiustizia. Negli incontri interreligiosi, consolidiamo il nostro impegno collettivo nel prendersi cura degli altri e dell’ambiente, assumendo una responsabilità universale.

Nel narrare la nostra esperienza all’interno di una specifica tradizione spirituale, ciascuno di noi presenta vari aspetti suscettibili di stimolare un interesse più ampio. Ecco alcuni esempi rilevanti.
Per quanto riguarda i praticanti della Via del Buddha, nei nostri interventi si discute frequentemente del concetto di mente. Nel contesto buddhista, quando parliamo di mente, non ci riferiamo solamente all’aspetto analitico e razionale, ma in generale al soggetto dell’esperienza, talvolta definita come mente-cuore. Oggi, il funzionamento della mente genera un interesse diffuso.
Un altro esempio significativo è costituito dalle parole di S.S. il Dalai Lama, il quale incoraggia la conciliazione, la pace e l’armonia, anche in risposta all’invasione cinese del Tibet e alle restrizioni e alle persecuzioni subite dai tibetani. Il popolo dell’altopiano himalayano desidera semplicemente la libertà di preservare la propria cultura e tradizione religiosa, senza nutrire rancore o odio verso gli invasori. La non violenza del popolo tibetano potrebbe servire da esempio per molte altre comunità.

Punti di Forza

Il Papa e altri leader religiosi mettono in rilievo l’importanza del dialogo ecumenico e interreligioso. Sottolineano inoltre la necessità di avviare un dialogo con coloro che non professano alcuna religione ma condividono interesse per lo sviluppo umano, la promozione del senso di fraternità e la ricerca di una realtà più profonda al di là degli aspetti superficiali della vita.

Il dialogo, inteso come un cammino, è praticato sia dai leader religiosi sia come un incontro fraterno tra tutti noi praticanti.

Il confronto non si dimostra proficuo solamente per la discussione di diverse prospettive teologiche e filosofiche, ma soprattutto per condividere un impegno condiviso nella ricerca della dimensione assoluta della nostra esperienza umana. Questa ricerca trascende le apparenze, le convenzioni, le etichette e ogni visione concettuale. 

Negli incontri interreligiosi si condivide la gioia di dedicare la propria vita a un cammino che promuova l’apertura della mente e del cuore, lo sviluppo dell’amore e della compassione, nonché la riscoperta della nostra natura primordiale.

“Che si creda o meno in una religione, e che si creda o meno nella rinascita, non c’è nessuno che non apprezzi la gentilezza e la compassione.”

~ Dalai Lama XIV

Punti di Debolezza

Quali sono le difficoltà che incontriamo nella via del dialogo?

Senza dubbio, la mancanza di una conoscenza di base delle diverse religioni non agevola la possibilità di confrontarci sui grandi temi dell’esperienza umana. 

Alcune religioni orientali sono state raggruppate secondo la categoria delle religioni ‘dharmiche’, ma tale categorizzazione è comprensibile? Il termine sanscrito ‘Dharma’, nel contesto buddhista, indica l’insegnamento del Buddha o la realtà così com’è.

Altre categorie potrebbero essere più appropriate. Ad esempio, ci sono diversi approcci: dualista e non dualista, teista e non teista. Il buddhismo è una religione non dualista e segue un approccio di tipo non teista.

Un altro aspetto che potrebbe rendere difficile il dialogo riguarda le differenze nel vocabolario, nei significanti e nei  significati in diverse religioni. Nel buddhismo, ad esempio, vi sono termini specifici per i quali spesso si evita la traduzione. Parole come “karma”, “dharma” e “sangha” hanno significati molto ampi e assumono connotazioni diverse in altre tradizioni spirituali. Un altro esempio è, nel contesto dello Dzogchen, ‘rigpa’ che è comunemente tradotta come ‘conoscenza profonda’ e ‘ma rigpa’ tradotta come ‘ignoranza’. Tuttavia, il loro significato non ha corrispondenza in alcun termine italiano.

Alcuni termini possono generare reciproche incomprensioni, come ad esempio “credente” e “fede”. Nei suoi insegnamenti, il Buddha esortò i suoi discepoli a non accettare acriticamente ciò che veniva detto, sia da lui che da altri maestri. Invece, li incoraggiò a sperimentare attraverso la pratica  al fine di verificare la validità di ciò che ascoltavano o leggevano. Pertanto, nel buddhismo, la fiducia del praticante nei confronti degli insegnamenti e della pratica si sviluppa attraverso l’esperienza personale e le realizzazioni acquisite.

Un termine che ha un significato diverso nella tradizione buddhista è “preghiera”. “སྤྱི་བ་དོན་” (ca don) è il termine tibetano tradotto in “preghiera”. ma letteralmente significa ‘dare voce a’. Recitando preghiere si dà voce all’aspirazione di realizzare l’illuminazione per il bene di tutti i viventi.

Opportunità 

Il dialogo offre un’importante opportunità di contribuire alla promozione dei valori umani fondamentali: libertà di pensiero, espressione e religione, parità di opportunità per la crescita e l’affermazione personale, nonviolenza, onestà, solidarietà ed ecologismo. L’assertività di tali valori si rafforza quando è espressa da individui appartenenti a diverse tradizioni spirituali.

Nei nostri eventi interreligiosi esprimiamo tutti l’importanza di andare oltre la tolleranza, ma anzi apprezzare la ricchezza della diversità di religione.

Tutti gli esseri viventi desiderano la cessazione delle sofferenze e cercano la felicità; condividiamo le stesse emozioni e dipendiamo gli uni dagli altri. Queste considerazioni elementari ci portano a riflettere sulla necessità di prendersi cura gli uni degli altri. Gli incontri interreligiosi contribuiscono a sviluppare il senso di fraternità non solo tra i praticanti di diverse religioni, ma anche con coloro che non seguono alcuna tradizione spirituale.

Si può cogliere anche l’opportunità di confronto con coloro che non seguono una religione, ma che comunque hanno l’aspirazione di comprendere la realtà negli aspetti più profondi e sviluppare qualità umane.

Spesso ci si imbatte in proposte di sviluppo spirituale non affidabili. Il dialogo interreligioso, come strumento di conoscenza delle diverse religioni, può contribuire a comprendere l’autenticità delle varie tradizioni spirituali e a evitare di percorrere sentieri non consigliabili.

Una sfida comune a tutte le tradizioni spirituali è la capacità di adattarsi ai tempi, conservando al contempo l’autenticità della visione. Il buddhismo, come molte altre religioni, ha sempre cercato di adattarsi alle diverse esigenze dei popoli nelle varie fasi della storia. In Occidente, vengono esplorati diversi metodi pedagogici che ricevono il consenso di molti, ma talvolta suscitano l’opposizione di altri praticanti che restano legati alle immagini, alla terminologia e agli aspetti formali tradizionali originari. Pertanto, può risultare utile confrontarsi sul modo di adeguare i metodi, il lessico e le forme.

Un altro aspetto che desidero evidenziare è la potenziale riduzione del fanatismo e dell’ossessione che talvolta può condurre a professioni estremiste della propria fede. Se i leader e i praticanti di tutte le religioni manifestano apprezzamento per la ricchezza intrinseca nella diversità delle fedi, è probabile che si possa contribuire a mitigare alcune delle rigidità presenti.

Possibili Minacce

Come introduzione, affermiamo sempre che gli incontri interreligiosi non hanno alcun fine di proselitismo né di sincretismo.

Le ideologie politiche possono esercitare un’influenza significativa sui confronti che riguardano la sfera della religione e della spiritualità, talvolta portando a contaminazioni o distorsioni in tali discussioni. Nell’attuale contesto di conflitti e avvenimenti critici, la distinzione tra religione e politica diventa sfumata; ma gli incontri interreligiosi dovrebbero concentrarsi principalmente sullo sviluppo spirituale.

Il settarismo, l’attaccamento fanatico e nevrotico alla religione non favorisce il confronto. 

“I concetti dividono. L’esperienza unisce.” (Lama Denys Rinpoce)

L’attaccamento alle ideologie e ai concetti crea divisioni e spesso conflitti. Nell’esperienza si ritrova l’unità fra i praticanti di tutte le religioni. L’esperienza che unisce è lo sviluppo delle menti e dei cuori nella direzione dell’armonia interiore e fra tutti i viventi, della concordia, dell’altruismo, della responsabilità per il bene di tutti. 

Non attaccamento alla religione – Alla fine il cammino stesso deve essere lasciato alle spalle, proprio come si fa con una barca una volta raggiunta l’altra riva. Dopo aver raggiunto la completa realizzazione, è necessario abbandonare il Buddhismo. Il percorso spirituale rappresenta una soluzione temporanea  da utilizzare fino a quando non si ha comprensione profonda ed esperienziale della realtà ultima.

Nel dialogo interreligioso si dovrebbe adottare un galateo che favorisca l’apertura delle menti e dei cuori, un confronto schietto,  creando un ambiente ‘protetto’ caratterizzato dal rispetto reciproco. In particolare, per un praticante buddhista, parlare del Dharma in un contesto in cui l’interlocutore non è predisposto o disponibile potrebbe costituire un’azione non virtuosa.

Un terreno comune a tutte le tradizioni spirituali e religiose si trova nell’unità fondamentale che permea ognuna di esse. Queste tradizioni condividono tutti principi etici come la non violenza, la promozione dell’innata bontà di ogni individuo e la ricerca esperienziale della realtà ultima, che va al di là delle apparenze superficiali. In questo modo, le diverse tradizioni si incontrano nell’approccio all’essenza della vita, superando le barriere delle differenze superficiali, culturali e linguistiche.