Il Pluralismo e la Diversità di Religione Sono la Sapiente Volontà divina – Il Dialogo Interreligioso nell’Orizzonte delle Chiese 

Lunedì 24 aprile 2023 alle ore 16,30 si è tenuto l’Incontro per la formazione all’ecumenismo e al dialogo interreligioso, nel programma i “I lunedì di Capodimonte per l’Unità dei cristiani e il Dialogo 2022-2023” organizzzato dalla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale Sez. San Tommaso d’Aquino – Napoli e dal Consiglio Regionale delle Chiese Cristiane della Campania.

Tema dell’incontro: ‘Il pluralismo e la diversità di religione sono la sapiente volontà divina – Il dialogo interreligioso nell’orizzonte delle chiese ’.


Siamo sempre più consapevoli che, grazie soprattutto ai progressi tecnologici, viviamo in un mondo più condiviso e integrato. 

Nella stretta rete di interconnessione di cui siamo parte, come individui e come popoli, ci sono forze che ci avvicinano gli uni agli altri, che ci spingono verso l’armonia, lungo il sentiero della conoscenza, della comprensione reciproca, dell’accoglienza, dell’apprezzamento delle differenze. Ciò è testimoniato dai momenti di dialogo interreligioso, come quello che stiamo vivendo, fra istituzioni e tra praticanti di diverse tradizioni spirituali, in cui si va oltre la tolleranza reciproca o il semplice confronto, ma si arriva ad un apprezzamento della diversità di religione, al riconoscimento di valori condivisi come la non violenza, la pace e la fratellanza universale.

Ci sono altre forze che, invece, ci allontanano, lungo percorsi di paure, di incomprensioni, di intolleranza e di violenza. Ciò è chiaramente dimostrato dalle continue tensioni e violenze religiose, etniche e culturali di oggi e dalle guerre di religione del passato.

Desidero proporre una riflessione sull’importanza del dialogo interreligioso, non in modo generale ma in quanto praticante tantrico con l’ordinazione non monastica di Ngagpa, che si sente vicino alla tradizione dei mahāsiddha indiani senza avere un’affiliazione particolare con una setta. Non intendo proporre un intervento di circostanza, ma un discorso schietto e coerente con la tradizione spirituale di cui sono un umile testimone, ispirandomi soprattutto alla vita e alle parole del Buddha Śākyamuni e alla filosofia Rimé.

La prospettiva buddhista

Il Visuddhimagga recita:

“C’è il groviglio interiore e il groviglio esteriore –
Questa generazione è invischiata in un groviglio.
E quindi pongo a Gotama questa domanda:
Chi riesce a districare questo groviglio? (SI 13).”

[Il Visuddhimagga (“Cammino verso la purezza”) è un commentario buddista scritto da Buddhaghosa nel 430 d.C. circa. È considerato tra i più importanti testi della scuola Theravāda tra quelli non appartenenti al canone pali (o Tipitaka)]

Il groviglio è una rete di attaccamento che si crea all’interno di noi, legandoci alle nostre idee, convinzioni, schemi mentali e ideologie, ma anche alle cose del mondo esterno. Questo groviglio rappresenta una sorta di prigione che ci impedisce di aprirci alla realtà e di sperimentare la vita in modo autentico.

Il Buddha risponde:

“Quando un uomo saggio, ben stabilito nella virtù,
Sviluppa la coscienza e la comprensione,
come un bhikkhu ardente e sagace
Riesce a districare questo groviglio.”

[Il bhikkhu è un monaco buddhista.]

È all’interno di questo groviglio che si sviluppa spesso la discordia religiosa, l’intolleranza e la violenza, quando si cerca di imporre la “veridicità” della propria religione e di costringere gli altri a seguire lo stesso sistema di credenze. Questo atteggiamento rigido e chiuso alla diversità, invece di portare alla pace e all’armonia, genera conflitti e divisioni che possono avere conseguenze anche drammatiche.

Secondo gli insegnamenti del Buddha, ogni disarmonia e conflitto, anche quelli di natura religiosa, sono il risultato della nostra ignoranza fondamentale, ovvero la mancanza di realizzazione della realtà ultima. Quest’ultima è descritta attraverso un approccio apofatico come la mancanza di esistenza intrinseca del sé e di tutti i fenomeni. L’ignoranza, cioè la mancanza di gnosi, ci fa percepire il sé e i fenomeni come realtà solide, conducendoci all’attaccamento verso il nostro sé, alle nostre convinzioni concettuali e, di conseguenza, al rigetto, alla paura e all’intolleranza nei confronti dell'”altro” e della diversità.

Il Buddha ha proposto una via di non attaccamento, di non presa-fissazione alla propria identità, alle proprie ideologie ed idee.

Nel primo giro della ruota del Dharma, il Buddha ha dato insegnamenti sulle quattro nobili verità: sulla sofferenza, sull’origine della sofferenza, sulla cessazione della sofferenza e sul sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. 

Nel secondo giro della ruota del Dharma, in particolare nel “Sutra del Cuore della Vittoriosa Perfezione della Saggezza”, il Buddha afferma “… non c’è sofferenza, origine, cessazione o sentiero”, ovvero nega l’esistenza intrinseca anche del sentiero.

Fino a quando non realizziamo la vacuità, le quattro nobili verità esistono convenzionalmente e i praticanti devono seguire il “sentiero”, che è di graduale non attaccamento. Non attaccamento al sentiero stesso.

Il mantra del Sutra del Cuore “OM TADYATHĀ GATE GATE PĀRAGATE PĀRASAMGATE BODHI SVĀHĀ” significa “Andare, andare, andare oltre, andare completamente oltre, il risveglio avvenga!”, significa lasciare andare tutto il superfluo, tutte le sovrastrutture che ci allontanano dalla nostra natura profonda.

L’apertura all’ “altro”, al diverso si ottiene attraverso un processo di non attaccamento al proprio sé e alle proprie strutture mentali concettuali.

I ciechi e l’elefante

Nell’epoca del Buddha, durante la stagione delle piogge,  molti brahmani e seguaci di varie scuole religiose erano soliti convenire a Savatthi dove si tenevano discorsi, conferenze e dibattiti, con la partecipazione della popolazione. Nei dibattiti, le diverse scuole religiose esponevano le proprie dottrine, venivano affrontate questioni metafisiche, e  tutti consideravano la propria dottrina come l’unica vera. I dibattiti iniziavano con toni distesi, ma culminavano spesso in violenti scontri verbali. 

Il Buddha narrò allora ai discepoli questa storia5:

“C’era una volta un saggio re che invitò a palazzo alcuni ciechi dalla nascita. Fece venire un elefante e chiese che lo toccassero e lo descrivessero. Il cieco che aveva toccato le zampe disse che un elefante assomiglia ai pilastri di una casa. Quello che aveva toccato la coda, disse che assomigliava a uno spolverino di piume. Quello che aveva toccato le orecchie, lo paragonò a un setaccio per vagliare; quello che aveva toccato lo stomaco, a un barile; quello che aveva toccato la testa, a un grande vaso di terracotta; quello che aveva toccato le zanne, a un bastone. Quando sedettero per concordare la descrizione dell’elefante nessuno riuscì ad accordarsi con gli altri, e ne nacque una lite furibonda.

Bhikkhu, ciò che udite e vedete costituisce una minima parte della realtà. Se lo riteneste tutto il reale, ne avreste una visione distorta. Chi segue la via mantiene un cuore umile e aperto, sapendo che la sua comprensione è incompleta. Dobbiamo applicarci sempre più a fondo per progredire sul sentiero. Un seguace della Via conserva l’apertura mentale, sapendo che attaccarsi alle opinioni che nutre momentaneamente come se costituissero la verità assoluta ostacola la comprensione della verità. Umiltà e apertura mentale sono i due requisiti necessari a progredire lungo il sentiero“.

Il Sutra della Grande Rete

Due monaci, seguaci del Buddha, commentarono quanto udito il giorno prima tra due asceti che denigrarono gli insegnamenti del Buddha.  Uditili, il Buddha disse: 

“Bhikkhu, ogni volta che udite denigrare o mettere in ridicolo me o il Dharma, non alimentate sentimenti di ira, irritazione o indignazione. Tali sentimenti possono soltanto danneggiarvi. Ogni volta che udite elogiare me o il Dharma, non alimentate sentimenti di compiacimento, esultanza o soddisfazione. Anche tali sentimenti possono soltanto danneggiarvi. Il giusto atteggiamento sta nell’esaminare le critiche per vedere ciò che vi è di falso e ciò che vi è di vero. Solo così potrete progredire realmente nella comprensione.

“Bhikkhu, molti, tra coloro che elogiano il Buddha, il Dharma e il Sangha non ne hanno che una conoscenza superficiale. Apprezzano la vita casta, semplice e serena dei bhikkhu, ma non vedono oltre questo. Coloro che hanno compreso le profondità del Dharma, non pronunciano che parche parole di lode. Essi comprendono la vera saggezza dell’illuminazione. Tale saggezza è profonda, sublime e meravigliosa. Trascende ogni pensiero e ogni parola ordinari.

“Bhikkhu, vi sono nel mondo innumerevoli filosofie, dottrine e teorie.

A motivo delle proprie teorie, le persone disputano e altercano senza fine.

Esistono sessantadue teorie principali su cui si basano le migliaia di filosofie e religioni di questo mondo. Considerate dal punto di vista della Via dell’Illuminazione e della Liberazione, tutte e sessantadue sono errate e risultano di impedimento”.

Quindi, elencò le sessantadue teorie (sull’eternalismo, sul nichilismo, sulla natura finita e infinita del mondo, sulla sopravvivenza o meno dell’anima dopo la morte,ecc.)  mettendone in luce gli errori.

Continuò dicendo: 

“Un pescatore cala la rete nell’acqua per catturare tutti i gamberi e i pesci che riesce a prendere. Vede le creature tentare di balzar fuori dalla rete e dice: ‘Per alto che saltiate, ricadrete comunque nella rete’. Egli è nel giusto. Le migliaia di credenze che fioriscono ai nostri giorni ricadono tutte dentro la rete delle sessantadue teorie principali. Bhikkhu, non fatevi ammaliare dalla rete e non cadetevi dentro. Sprechereste il vostro tempo e perdereste l’opportunità di praticare la Via dell’Illuminazione. Non cadete nella rete delle speculazioni astratte.

“Bhikkhu, tutte queste credenze e dottrine sorgono dalle percezioni e dalle sensazioni, che portano fuori strada. Senza la presenza mentale, non si può vedere la vera natura delle percezioni e delle sensazioni. Giungendo alle radici e vedendo la vera natura delle vostre stesse percezioni e sensazioni, conoscerete la natura impermanente e interdipendente di tutti i dharma. Così, non vi farete più catturare dalla rete del desiderio, dell’ansia e della paura, né dalla rete delle sessantadue errate teorie”.

Queste parole sono contenute nel Brahmajala Sutra, il Sutra della grande rete, ovvero la rete che raccoglie tutte le false teorie e i dogmi di questo mondo. In questo sutra invita al non attaccamento alle credenze e alle dottrine.

Lama Deny Rinpoche afferma “I concetti dividono, l’esperienza unisce”. I concetti aiutano ad avere un’intuizione della realtà, ma solo con la pratica è possibile ottenere una realizzazione diretta della nostra natura fondamentale. La pratica di contemplazione formale  e di integrazione nella vita quotidiana ci porta all’esperienza autentica, spontanea, diretta che trascende ogni riferimento concettuale.

Il dito non è la luna

L’asceta Dighanakha un giorno chiese al Buddha. “Gautama, qual è il tuo insegnamento? Quali dottrine insegni?” e gli disse: “Quanto a me spregio ogni dottrina e ogni teoria, e non ne condivido nessuna”

Sorridendo il Buddha chiese: “Condividi la tua propria dottrina di non seguirne nessuna? Credi nella tua dottrina che non crede alle dottrine? “. 

Colto di sorpresa, Dighanakha rispose: “Gautama, che ci creda o non ci creda non ha alcuna importanza”. 

Credere in una dottrina” disse amichevolmente il Buddha, significa perdere la libertà. Diventando dogmatici, si pensa che la propria dottrina sia l’unica giusta e si accusano le altre di eresia. Dalla ristrettezza di vedute nascono dispute e conflitti capaci di espandersi all’infinito, non solo sprecando tempo prezioso ma provocando a volte una guerra. L’attaccamento alle opinioni è il massimo ostacolo al sentiero spirituale. Legandoci a opinioni ristrette, ne veniamo irretiti a tal punto che chiudiamo la porta alla verità. 

“Voglio narrarti la storia del giovane vedovo che aveva un figlio di cinque anni. Lo amava più della sua stessa vita. Un giorno dovette lasciarlo a casa e uscire per affari. Arrivarono i banditi che saccheggiarono il villaggio, lo diedero alle fiamme e rapirono il bambino. Ritornato, l’uomo trovò la casa bruciata e, lì accanto, il cadavere carbonizzato di un bambino. Credette che fosse il figlio. Pianse di dolore e cremò ciò che restava del corpo. Amava tanto il figlio che raccolse le ceneri in una borsa che portava sempre con sè. Mesi dopo, il figlio riuscì a scappare e ritornò al villaggio. Era notte fonda quando bussò alla porta. Il padre stringeva tra le braccia la borsa con le ceneri e singhiozzava. Non aprì la porta, benché il bambino dicesse di essere suo figlio. Era convinto che il figlio fosse morto e che alla porta battesse un bambino del villaggio che voleva prendersi gioco del suo dolore. Il bambino fu costretto ad andarsene, e padre e figlio si perdettero per sempre.”

“Ora vedi, amico mio, come, se ci attacchiamo a un’idea e la riteniamo la verità assoluta, potremmo trovarci un giorno nella situazione del giovane vedovo. Pensando di possedere già la verità, non potremo aprire la mente per accoglierla, anche se la verità bussasse alla nostra porta”. 

“E per quello che riguarda il tuo insegnamento?”, chiese Dighanakha. 

“Chi lo segue, non sarà preda anch’egli di una visione ristretta?”. “Il mio insegnamento non è una dottrina né una filosofia. Non è il prodotto del pensiero concettuale né una teoria simile alle varie filosofie che dibattono se l’essenza dell’universo sia il fuoco, l’acqua, la terra, l’aria o lo spirito; se l’universo sia finito o infinito, temporale o eterno. Le teorie e i concetti riguardo alla verità sono come formiche che girano in tondo lungo il bordo di una ciotola, senza arrivare mai a nulla. Il mio insegnamento non è una filosofia, ma il frutto dell’esperienza diretta. Tutto ciò che dico viene dalla mia esperienza, e lo puoi appurare anche tu attraverso la tua esperienza. Io affermo che tutte le cose sono impermanenti e prive di un sé separato. Questo mi ha insegnato l’esperienza, e tu puoi fare lo stesso. Insegno che tutte le cose dipendono da tutte le altre per nascere, svilupparsi e morire. Niente proviene da un’unica fonte originaria. Così come io ho fatto diretta esperienza di questa verità, anche tu la puoi fare. Il mio scopo non è spiegare l’universo, ma aiutare gli altri ad avere l’esperienza diretta della realtà. Le parole non descrivono la realtà, solo l’esperienza diretta ci rivela il suo vero volto“. 

“Meraviglioso, meraviglioso, Gautama !”, esclamò Dighanakha. “Ma che accade se qualcuno prende il tuo insegnamento per un dogma?”

Il Buddha rispose dopo un momento di silenzio : “Questa è un’ottima domanda, Dighanakha. Benché il mio insegnamento non sia un dogma né una dottrina, certo alcuni lo intendono così. Devo spiegare chiaramente che insegno un metodo per sperimentare la realtà, e non la realtà medesima, così come un dito che indica la luna non è la luna. Una persona intelligente seguirà la direzione indicata dal dito per vedere la luna, ma chi vede soltanto il dito e lo scambia per la luna non vedrà mai la luna reale. Io insegno un metodo da mettere in pratica, non qualcosa in cui credere o da adorare. Il mio insegnamento si può paragonare a una zattera che serve ad attraversare un fiume. Solo uno stolto rimarrà abbarbicato alla zattera una volta che sia approdato all’altra sponda, alla sponda della liberazione“.  

Il Buddha nei suoi insegnamenti indica una via pragmatica e non dà nessun punto di appoggio concettuale, nessun riferimento.

Nel buddhismo, l’approccio non settario scaturisce dal considerare gli insegnamenti come istruzioni. Tradizioni spirituali diverse, approcci diversi si sono sviluppati per persone diverse, con diversi livelli di ricettività, diverse attitudini. La diversità di lignaggi nel buddhismo scaturisce dalla compassione del buddha, inteso come buddha storico e come mente risvegliata in senso ampio.

Le tre qualità del discepolo

Jamgön Kongtrül Lodrö Thayé (Tibet, 1813–1899), studioso del Buddhismo tibetano, poeta, artista, medico, accreditato come uno dei fondatori del movimento Rimé (non settario), riporta tre caratteristiche che si trovano nei Quattrocento di Aryadeva che lo studente dovrebbe possedere per consentirgli di mantenere il rapporto con un insegnante di saggezza6:

  • Non settario: lo studente deve essere abbastanza maturo da non denigrare altri lignaggi, altre scuole di buddhismo o altre religioni.
  • Discriminante: Lo studente deve anche avere l’intelligenza per discriminare tra i numerosi percorsi e scegliere quello che condurrà lui e gli altri alla liberazione.
  • Entusiasta: lo studente dovrebbe provare entusiasmo nel praticare il sentiero Mahayana.

Kongtrul afferma che uno studente che possiede queste tre qualità avrà la visione corretta dell’insegnante di saggezza:

“Se il discepolo è dotato di queste tre qualità, allora, da un lato, vedrà le buone qualità dell’insegnante di saggezza come buone qualità [e quindi si impegnerà in una corretta relazione con l’amico spirituale]. 

Se il discepolo non è dotato di queste tre qualità, allora, d’altra parte, il gran numero di buone qualità dell’insegnante di saggezza saranno viste come difetti [e non si svilupperà una relazione adeguata].”

Il dialogo interreligioso

Il dialogo interreligioso non può essere considerato come la soluzione definitiva a tutti i conflitti, ma rappresenta un modo per ridurre le tensioni e per sviluppare una conoscenza e una comprensione reciproca che favoriscono l’empatia verso la diversità e l’apprezzamento della genuinità e della ricchezza delle altre vie spirituali, senza pregiudizi. 

Il dialogo interreligioso deve essere ispirato da un sincero desiderio di conoscenza reciproca e forse di poter anche imparare dagli altri,  e non da una volontà di affermare in modo narcisistico la superiorità del proprio credo o convincere gli interlocutori sulle proprie posizioni. 

Il dialogo interreligioso dovrebbe seguire un galateo che favorisca l’apertura dei cuori, creando un ambiente ‘protetto’ in cui si stabilisce un clima di reciproco rispetto. In particolare, per un praticante buddhista, parlare del Dharma in un contesto in cui l’ascoltatore non è sufficientemente ricettivo o disponibile potrebbe costituire un’azione non virtuosa molto grave.

Il terreno comune a tutte le tradizioni spirituali e religioni si trova nell’unità fondamentale che le pervade. Tutte le tradizioni condividono l’etica della non violenza, la promozione della bontà intrinseca di ogni essere umano e la ricerca esperienziale della realtà ultima, che trascende le apparenze superficiali. In questo modo, le diverse tradizioni si incontrano nell’approccio all’essenza della vita e dell’esistenza, superando le barriere delle differenze superficiali, culturali e linguistiche.

Sua Santità il Dalai Lama afferma: 

“Gli stessi ideali di amore sono alla base delle principali religioni del mondo. Buddha, Cristo, Confucio, Zoroastro, hanno prima di tutto insegnato l’amore. L’Induismo, l’Islam, il  Jainismo, il Giudaismo, la Legge Sikh, il Taoismo perseguono un identico fine. Tutte le pratiche spirituali hanno per obiettivo la progressione benefica  dell’umanità.”

            Sua Santità il Dalai Lama, Oceano di Saggezza.1


Bibliografia

  1. “La via del Buddha” di Rinpoche Kyabje Kalu edito da Kogoi Edizioni, 2014
  2. The Rl-ME Philosophy of Jamgon Kongtrul the Great –
    Study of The Buddhist Lineages of Tibet – Ringu Tulku – Edited by Ann Helm
  3. “I due problemi fondamentali dell’etica” di Arthur Schopenhauer
  4. “Il sentiero della Purificazione – Visuddhimagga” di Buddhaghosa, 430 d.C. circa
  5. “Vita di Siddhartha il Buddha narrata e ricostruita in base ai testi canonici pali e cinesi” di  Thich Nhat Hanh 
  6. “The Teacher-Student Relationship – A Translation of ‘The Explanation of the Master and Student Relationship, How to Follow the Master, and How to Teach and Listen to the Dharma’ ” di Jamgon Kongtrul Lodro Thaye
  7. Il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, noto anche come Dichiarazione di Abu Dhabi, è un accordo siglato il 4 febbraio 2019 da papa Francesco e dal Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib.
    https://www.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papa-francesco_20190204_documento-fratellanza-umana.pdf

Lunedì di Capodimonte 2023

Incontro per la formazione all'ecumenismo e al dialogo interreligioso

Pubblicato da Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale – Sez. San Tommaso su Lunedì 24 aprile 2023
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